Non si può che ripartire dalle energie rinnovabili che vedono nell’idroelettrico la vostra punta di diamante, ma certo non può bastare. Cosa vuol dire nel medio futuro? Premesso che per legge AET non può più investire né nel nucleare, né nel carbone, si punta al cento per cento sul rinnovabile che potremo raggiungere entro il 2050. Ebbene, in Ticino restano acqua, sole e vento. La prima ce l’abbiamo e anche il sole non ci manca. Penso che buona parte della nuova produzione sarà solare, grazie alla posa diffusa dei pannelli sui tetti degli edifici. Si tratterà a questo proposito di ben coordinare gli interventi e di produrre in tandem energia solare ed energia idroelettrica. Per l’eolico c’è poco in tutta la Svizzera, impianto sul Gottardo a parte. Si pensi che è l’unico realizzato negli ultimi otto anni e rappresenta lo 0,5% della produzione ticinese. Come mai fatica così tanto l’eolico? Nessuno lo vuole nel proprio giardino. Di solito questi impianti generano una montagna di ricorsi. Dunque punteremo molto anche sul solare, per quanto toccherà all’autorità cantonale indicarci come procedere. Con quali mezzi e in che direzione. La posa degli impianti solari è soggetta a non pochi vincoli pianificatori, però abbiamo zone che si prestano bene. Penso ad esempio alla semiautostrada, dall’aeroporto di Magadino a Tenero, dove si potrebbero posare pannelli a sinistra e a destra della carreggiata. Oggi non si può. Vale certamente la pena rifletterci. Altro capitolo importante, la digitalizzazione degli impianti di produzione. Cosa vuol dire per AET? In primo luogo un’opportunità perché siamo un’azienda tecnica. Potenziare il digitale significa raccogliere molti dati e su questi basare determinati ragionamenti. Pensi a una centrale idroelettrica. Dieci anni fa funzionava in modo orario, oggi già è cambiato e fra dieci anni cambierà ancora. I dati che raccogliamo oggi acquisiranno ancora più valore fra dieci anni, perché mi racconteranno la storia dell’attività precedente di uno specifico impianto, e le relative necessità di manutenzione. Digitalizzare significa dunque conoscere meglio la produzione e il consumo di energia. Un vero cambiamento di paradigma. Certo. La digitalizzazione riduce i tempi d’azione. Un tempo si programmava la centrale a un’ora. Da una decina d’anni siamo già scesi a un quarto d’ora e oggi si parla di arrivare ai 5 minuti o al minuto. Se in un’ora ho un dato, in un quarto d’ora ne ho quattro e in un minuto ne ho sessanta. Tutto ciò significa migliorare la performance degli impianti quasi in tempo reale. Ma vuole anche dire portare in azienda profili professionali per le analisi che oggi non ci sono. AET del resto è da sempre legata al territorio. Lo sarà ancor di più? Naturalmente. Restando alla manodopera qui occupata siamo passati da 8 a 42 apprendisti, aumentando da due a otto i profili di formazione. Negli ultimi 15 anni abbiamo formato 80 apprendisti; 13 sono tornati da noi e gli altri sono entrati nel mondo professionale ticinese o confederato. Nel nostro campo una volta erano le grandi industrie d’oltralpe che formavano i vari professionisti. Oggi, dopo la delocalizzazione all’estero, non capita quasi più e la formazione deve essere fatta in “casa”. Anche per evitare la cosiddetta “fuga dei cervelli”… Guardi, uscire dal cantone secondo noi è un’opportunità. Tornano dopo. La metà di quelli che formiamo si specializza oltre Gottardo e buona parte di questa torna in AET o in Ticino nelle varie aziende di distribuzione e industrie, con molta esperienza, qualche anno dopo. I nostri profili migliori sono quelli che sono andati e poi tornati. Un’ultima domanda sull’attualità. L’approvvigionamento d’energia in Svizzera è davvero a rischio? Il nostro Paese è inserito in una dinamica internazionale complessa e molto dipendente dall’Europa, che poco ha a che fare con i ragionamenti tecnici. Paradossalmente però questa situazione potrebbe dare un nuovo impulso alla politica per approvare in Svizzera scelte da tempo sul tavolo. I problemi seri, del resto, richiedono importanti soluzioni. |