Direttore Pronini, da mesi si susseguono messaggi di allarme circa una possibile penuria di energia elettrica durante il prossimo inverno e raccomandazioni su come prepararci ad affrontare la situazione. Poi, all’inizio di novembre, l’Ufficio federale dell’energia ha voluto mandare un segnale rassicurante, parlando di situazione tesa, ma escludendo seri rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento. C’è stato un eccesso di allarmismo? Assolutamente no. L’Europa si sta preparando ad affrontare l’inverno con una capacità produttiva ridotta rispetto al passato. L’ipotesi che nei primi mesi del 2023 l’elettricità possa scarseggiare è realistica e un tale scenario avrebbe ripercussioni anche sul nostro Paese. Era quindi necessario prepararsi e tutte le misure annunciate dalla Confederazione, incluse le raccomandazioni alla popolazione, vanno lette in tal senso. L’Ufficio federale dell’energia ha potuto lanciare un segnale rassicurante poiché i provvedimenti presi, tra cui ricordiamo la creazione di una riserva di energia idroelettrica, hanno sortito i loro effetti. Attenzione però: questo non significa che i rischi siano stati scongiurati e che si possa tornare a consumare come in passato. L’inverno è appena iniziato e affinché la situazione si mantenga stabile è necessario che tutti gli attori interessati dalle decisioni prese durante l’estate facciano la loro parte e che gli inviti ad un uso più efficiente dell’energia elettrica continuino ad essere seguiti. Il rischio di disinserimenti della rete è dunque sempre concreto? L’Organizzazione per l’approvvigionamento elettrico in situazioni straordinarie (OSTRAL) ha elaborato per conto della Confederazione un piano di misure per rispondere a possibili situazioni di penuria energetica, che vale al di là di quanto potrebbe accadere il prossimo inverno e che è noto da anni a tutte le parti coinvolte. Questo piano prevede la possibilità di ricorrere a blackout programmati di durata limitata qualora la serie di misure precedentemente adottate non dovesse risultare sufficiente. Prima di giungere a questo punto si procederebbe ad un appello al risparmio volontario, al divieto di utilizzo di apparecchi non indispensabili ai bisogni primari e all’applicazione di un piano di contingentamento per i grandi consumatori. Le misure disposte dal Consiglio federale nel corso degli ultimi mesi mirano a ridurre il rischio di trovarci di fronte a una simile situazione. Le esperienze vissute negli ultimi 12 mesi ci ricordano però che la sicurezza assoluta non esiste. Come è possibile che la Svizzera, che può contare su un’importante quota di produzione da impianti idroelettrici ad accumulazione, non sia in grado di evitare scenari di carenza invernale? In realtà la Svizzera non ha mai puntato all’autosufficienza energetica: siamo sempre stati dipendenti dall’estero in inverno. Questo riguarda non solo il settore dei combustibili fossili, ma anche quello dell’elettricità. Il fatto che, a causa di condizioni quadro sfavorevoli, negli ultimi decenni si sia investito relativamente poco nell’espansione della produzione idroelettrica e di quella rinnovabile ha complicato ulteriormente la situazione ed ora dobbiamo assolutamente recuperare il tempo perduto. L’emergenza, dunque, non rientrerà con la fine dell’inverno o con un’eventuale cessazione del conflitto in Ucraina; a quale futuro dobbiamo prepararci? No, il problema della sicurezza dell’approvvigionamento invernale è strutturale e dev’essere affrontato con decisione nel giro di pochi anni. Gli obiettivi di azzeramento delle emissioni della CO2 e la progressiva elettrificazione dei consumi obbligano la Svizzera ad espandere la propria produzione da fonti rinnovabili. Puntare su un massiccio sviluppo della produzione fotovoltaica ed eolica, unitamente all’incremento della capacità di stoccaggio idroelettrico, rappresenta la sola via per garantire alla Svizzera un futuro sistema di approvvigionamento stabile, sicuro e maggiormente indipendente dall’estero. |